martedì 2 ottobre 2012

Ideologia del terrore e islamismo politico: quarta parte. Il baathismo.


4a parte: Michel Aflaq e il “baathismo”

Michel Aflaq (1910-1989)
Se il pensiero di Qutb può sembrare inaccettabile per un occidentale cresciuto nel rispetto del principio illuminista e liberale della tolleranza, che dire allora del pensiero di Michel Aflaq (1910-1989), altro importante ideologo dell’islamismo contemporaneo? Aflaq è un personaggio che ci lascia davvero sbalorditi perché, come ha scritto Paul Berman, è uno dei peggiori prodotti della Sorbona di Parigi, che pure è un cenacolo di cultura occidentale (cfr. Paul Berman, Addio Ba’ath, in il Sole24ore.com, 22.8.2012).

Aflaq verso la fine degli anni Trenta
Nato a Damasco da una famiglia cristiano-ortodossa, Aflaq fu un brillante studente dell’ateneo parigino tra le due guerre mondiali. La Siria dopo la prima guerra mondiale era un mandato francese e ciò aveva permesso ad Aflaq di frequentare scuole occidentali e di laurearsi appunto a Parigi. Fu qui che aderì al nazionalismo arabo e al socialismo, diventando fautore della ribellione contro il colonialismo europeo e sostenitore della formazione della grande nazione araba. Rientrato in patria, aderì al nazismo, sostenne nel 1940 l’invasione tedesca della Francia e nel 1943, insieme ad alcuni seguaci, fondò a Damasco il partito Baath. Letteralmente questa parola vuol dire “resurrezione” o “rinascita”; ma il nome completo dell’organizzazione è Partito Arabo Socialista della Resurrezione.

Proprio a causa della presenza della parola “socialista”, e anche per le frequenti citazioni di Marx da parte di Aflaq, il Baath in Occidente è stato sempre considerato un partito laico e di sinistra. Ma si è sempre trattato di un enorme fraintendimento: il “baathismo”, come ha spiegato Berman, è un impasto ideologico che mescola socialismo, marxismo e nazismo adattando queste ideologie al mondo arabo. Del socialismo e del comunismo ha preso l’idea della statalizzazione dell’economia e le modalità di costruzione di un regime basato sul partito unico e sul controllo integrale della società (Saddam Hussein, leader del Baath iracheno, era ammiratore di Stalin); del nazismo ha preso l’utopia razzista: solo un paese di puri di sangue può vivere nella giustizia, dopo aver eliminato i virus dell’infezione e della dissoluzione (cfr. P. Berman, Terrore e liberalismo. Perché la guerra al fondamentalismo è una guerra antifascista, tr. it. Torino, Einaudi, 2004, pp. 66-67).

L’adattamento originale alla situazione araba è nel mito politico fondamentale seguito dal Baath. Secondo questo mito, spiegato da Aflaq in On the way of Resurrection, un tempo il popolo eletto di Dio era la nazione araba. Questo popolo nel corso della storia era stato inquinato da forze interne ed esterne; ora gli arabi dovevano tornare alla propria origine, alla loro purezza originaria. I corruttori erano gli ebrei, i massoni, infine gli alleati occidentali degli ebrei. Come tornare allo spirito originario? Venerando il Capo rivoluzionario che incarnava “lo spirito arabo”. Ovvero dando obbedienza incondizionata al capo che avrebbe guidato il popolo arabo alla vittoria. Come si vede le analogie con il Fuhrerprinzip hitleriano sono impressionanti, sebbene il sottofondo dell’ideologia di Aflaq sia pur sempre mistico: la rivoluzione araba contro l’Occidente deve essere innanzitutto una rivoluzione psicologica, una rivolta spirituale contro il materialismo occidentale, ribellione che avrebbe fatto risorgere le energie dell’epoca del Profeta. L’epoca in cui Maometto risiedeva a Medina è considerata dal baathismo come una sorta di età dell’oro, un’epoca di purezza cui deve attingere il mondo arabo se vuole risorgere. Il riferimento a Maometto non deve trarci in inganno: Aflaq non si convertì all’Islam (se lo fece, forse avvenne in punto di morte); rimase sempre cristiano, eppure così devoto alla causa araba che nella sua ideologia, come si diceva, ha molto spazio il tema razzista della purezza e della superiorità etnica degli arabi. Non solo: secondo Aflaq la purezza delle origini deve essere coniugata con la modernità, perciò non sempre egli sostenne l’applicazione della shari’a nei paesi musulmani, poiché una volta ricostituita la forza e la purezza delle origini non ci sarebbe stato bisogno di utilizzare la severità del codice coranico, anzi la libertà di parola e di espressione si sarebbero coniugate spontaneamente con l’ordine e con la spiritualità.
Rashid Ali al-Kaylani

Cosa hanno realizzato Aflaq e il partito Baath? Aflaq ebbe la prima occasione per realizzare le sue convinzioni nel 1941, quando ancora la struttura organizzativa del partito neppure esisteva. In quell’anno Aflaq aiutò Rashid Ali al-Kaylani (1892-1965), avvocato e politico nazionalista iracheno, violentemente anti inglese, ad attuare un colpo di Stato in Iraq. Rashid Ali negli anni Trenta era stato molto influenzato dal Gran Muftì di Gerusalemme Muhammad Amin al-Husseini (1895-1974) che da tempo stava conducendo una feroce campagna antisemita contro le immigrazioni ebraiche in Palestina, regione che allora era sotto mandato britannico. È necessario spendere due parole su al-Husseini per comprendere la profondità dei collegamenti tra i vari movimenti islamisti.
Il Gran Muftì di Gerusalemme al-Husseini

Il Muftì è un esperto di diritto islamico; il Gran Muftì di Gerusalemme negli anni Venti e Trenta aveva un grande prestigio tra gli arabi di Palestina, perché considerato guida non solo spirituale ma anche politica: al-Husseini si era pronunciato contro il colonialismo europeo, contro la presenza britannica in Palestina e soprattutto contro l’afflusso di ebrei autorizzato dall’Inghilterra a partire dalla Dichiarazione Balfour (1917), afflusso che era aumentato da quando erano iniziate le persecuzioni ebraiche in Germania. Per queste ragioni aveva aderito al movimento dei Fratelli musulmani ed era stato ispiratore e leader della grande rivolta araba contro l’Inghilterra avvenuta tra 1936 e 1939, durante la quale egli si mostrò spietato contro ogni avversario: non solo aveva fatto massacrare intere famiglie di ebrei, non solo aveva organizzato attentati contro gli inglesi, ma i suoi uomini avevano trucidato i capi delle comunità musulmane che si erano opposti alla sua volontà e al progetto di costruzione del grande stato arabo. Ricercato dal governo britannico per questi omicidi, il Gran Muftì era fuggito dapprima in Libano e poi in Iraq.

L'incontro tra Hitler e il Gran Muftì, nel 1941
Ma non rimase solo in questo esilio: era sostenuto ormai da qualche anno da Mussolini e soprattutto da Hitler, quest’ultimo contattato da al-Husseini già dal 1933 per ottenerne l’aiuto nel progetto di eliminazione degli ebrei dalla Palestina. Il Muftì ricevette aiuti finanziari e consiglieri politici sia da Mussolini sia da Hitler; si incontrò con il Duce nell’ottobre del 1941 a Bari e con il Fuhrer nel novembre dello stesso anno a Berlino. Hitler si impegnò con il Muftì a scacciare gli inglesi dai territori arabi e ad “eliminare l’elemento ebreo” da queste terre per restituirle libere ai musulmani. Il Muftì, da parte sua, ripagò l’impegno di Hitler facendo propaganda radiofonica filonazista presso le folle musulmane, compiendo attività di spionaggio a favore della Germania e dell’Italia, e soprattutto costituendo unità di SS reclutate tra i giovani musulmani sia in Medio Oriente che in Bosnia. Ebbene, tornando all’Iraq, fu qui che il Muftì tentò la “grande impresa” aiutando Rashid Ali ad effettuare il colpo di Stato che nell’aprile del 1941 scacciò da Baghdad il governo filo-inglese. In quell’occasione Aflaq sostenne Rashid Ali e il Gran Muftì ad intraprendere in Iraq una politica filo tedesca, promettendo alla Germania l’uso delle risorse petrolifere irachene per sostenerla nella guerra contro la Gran Bretagna.
Il Gran Muftì passa in rassegna le SS islamiche in Bosnia








L’esperimento baathista di Baghdad durò pochissimo. Già al termine del maggio 1941 l’esercito britannico era rientrato in possesso dell’Iraq e aveva scacciato il governo di Rashid Ali (che riparò in Germania, sotto la protezione di Hitler), il Gran Muftì al-Husseini (che si rifugiò dapprima in Svizzera, poi, dopo la guerra, in Egitto e in Libano dove proseguì la campagna di odio antisemita), e lo stesso Aflaq che si sistemò in Siria dove rimase per molti anni anche dopo la guerra. Qui nel 1943, come ho già ricordato, fondò il partito Baath che vent’anni più tardi sarebbe andato al potere con un colpo di Stato: potere che tuttora è nelle mani dell’ultimo baathista siriano, cioè Bashar al-Asad, il despota che in questi ultimi mesi ha massacrato i suoi connazionali che manifestavano contro il governo.

Saddam Hussein e Ahmad Hasan al-Bakr
Negli anni in cui il Baath andava al potere in Siria, Aflaq si era trasferito in Iraq, forse per qualche contrasto scaturito tra lui e la leadership baathista siriana. In Iraq, ancora una volta, le ideologie violentemente nazionaliste di Aflaq lasciarono di nuovo il segno: qui, infatti, dopo la seconda guerra mondiale si era formato un altro partito Baath, intenzionato a portare a compimento quel progetto di realizzazione della grande nazione araba fallito all’inizio degli anni Quaranta da Rashid Ali. In Iraq Aflaq divenne il capo del partito e sostenne Ahmad Hasan al-Bakr ad effettuare il colpo di Stato che nel 1968 portò al potere il Baath a Baghdad, questa volta per rimanervi a lungo. Il pupillo di Aflaq divenne presto un giovane dalla vita rocambolesca: Saddam Hussein, il quale prima del colpo di Stato del 1968 era stato in esilio, poi era tornato ma era stato arrestato e infine era evaso e aveva partecipato alla rivoluzione baathista. Grazie all’appoggio di Aflaq, venerato in Iraq come guida spirituale e politica, Saddam prese la laura in giurisprudenza, divenne vice Presidente del Consiglio dei ministri, poi Generale dell’esercito iracheno e infine, quando nel 1979 al-Bakr si ritirò dalla politica, divenne Presidente dell’Iraq, carica che tenne fino alla guerra del 2003.
Saddam Hussein e Michel Aflaq
Saddam Hussein quando era
Presidente dell'Iraq
Saddam Hussein si vantò spesso della presenza di Aflaq vicino a lui, sostenendo che fosse l’Iraq e non la Siria il luogo dove le idee dello scrittore avrebbero trovato piena realizzazione. In effetti Saddam impose sì una spietata dittatura, eliminando gli elementi considerati impuri (ad esempio i curdi, ma anche i musulmani sciiti), ma cercò anche di modernizzare il paese come il suo mentore consigliava: perciò separò i codici civile e penale dalla shari’a, abolì le corti islamiche sostituendole con tribunali simili a quelli occidentali, parificò donne e uomini di fronte ad alcuni aspetti della legge. Quest’opera di secolarizzazione impressionò a tal punto l’occidente che, com’è noto, gli Stati Uniti videro in lui un potenziale alleato contro il fondamentalismo islamico che, nel 1979, sembrava essere rappresentato dalla rivoluzione khomeinista avvenuta in Iran. Fu un abbaglio, come ho già detto (cfr. post del 13 settembre 2012), errore che sarebbe stato evidente anche allora se si fosse valutato con maggior attenzione il peso che aveva avuto nella politica di Saddam Hussein il pensiero di Aflaq.

L'attuale Presidente siriano, il
baathista Bashar al-Asad
Di recente Paul Berman, commentando quanto sta accadendo in Siria, dove la spietata dittatura di Bashar Assad miete vittime a migliaia, ha scritto a proposito di Aflaq e dell’esperienza del Baath: “Quali risultati pratici, utili o eccezionali, possono essere attribuiti al Ba'ath? Non è nemmeno riuscito a far arrivare i treni in orario. In Iraq e in Siria ha massacrato più arabi e musulmani di qualsiasi altra organizzazione nella storia del popolo arabo. Oggi il movimento che cominciò sostenendo un golpe filonazista a Baghdad, nel 1941, sta concludendo la sua parabola commettendo altri massacri ancora per le strade di Homs, Damasco e Aleppo. Una storia enorme. Una storia tragica. Una storia delle follie intellettuali dell'era moderna e delle loro funeste conseguenze” (P. Berman, Addio Baath, cit.).

Un’opinione che condivido, come molte altre espresse dal grande giornalista americano. Tuttavia questa volta non sono del tutto d’accordo con il suo ottimismo. È davvero finito il Baath? Come il pensiero di Qutb, anche quello di Aflaq continua ad avere molti sostenitori sparsi tra gli islamisti più radicali. Certi pensieri terribili, certe follie intellettuali, come sono state il nazismo, il fascismo e il comunismo, sono come fiumi carsici: una volta sconfitti sembrano scomparire sottoterra, inghiottiti dalle crepe della storia; ma quando le relazioni tra gli uomini e tra i paesi tornano a farsi tese e crude ecco che riaffiorano, proponendo soluzioni facili a problemi difficili, semplificazioni drastiche a questioni complesse. E di solito trovano consenso e si diffondono rapidamente proprio per la semplicità delle loro risposte: l’individuazione di un capro espiatorio su cui scaricare le colpe delle sofferenze presenti, il miraggio di un’epoca di integrità e di felicità da creare attraverso una guerra purificatoria. La possibilità che certi mostri ideologici risorgano è sempre aperta. (4 - continua)
Il funerale di Aflaq, in Iraq

Per le fonti consultate vedi il post del 26 settembre 2012. Per questo post ho utilizzato anche l’articolo di Berman citato nel testo, nonché l’articolo di Alberto Rosselli, Adolf Hitler e il Muftì di Gerusalemme, in Nuovo Caffè Letterario, settembre 2002.