La lettera di Luca.
Seconda parte: I rischi
dell’uscita dall’Euro
Vediamo ora il possibile scenario di un'Italia senza Euro.
L'uscita dall'Euro è sostenuta dagli euro-scettici che
vorrebbero staccarsi dalla BCE per riacquistare la sovranità monetaria: facendo
stampare moneta alla Banca d'Italia, pensano di risolvere così i problemi
dell'Italia, ingabbiata nella trappola dello spread e del rigore di
bilancio imposto dalla Germania.
In realtà la questione è molto tecnica e dai risvolti
imprevedibili.
Intanto ricordiamo perché si è introdotto l'Euro. Scopo
principale dell'Euro è di eliminare le barriere alla circolazione di beni,
servizi e capitali. Con la moneta unica si dovrebbe raggiungere e la
possibilità di acquistare qualunque bene o servizio in qualunque Paese europeo,
pagandolo lo stesso prezzo. Oggi evidentemente siamo ben lontani da questo
obiettivo, ed anche la circolazione delle merci è soggetta a molti limiti per
colpa delle legislazioni delle singole nazioni, tutt'altro che organiche ed
omogenee.
Se l'Italia uscisse dall'Euro nessuno sa cosa potrà
succedere, ma tutti i maggiori economisti sono d'accordo sul fatto che in un
primo momento (che potrebbe durare, mesi, anni o decenni, nessuno lo sa) i
problemi saranno senz'altro importanti ed avranno un fortissimo impatto sull'economia
reale, e quindi sul tenore di vita. Soprattutto su quello delle fasce più a
rischio, ovvero su chi non ha capitali indicizzati o dislocati all'estero,
convertiti in altre valute.
Le conseguenze a cui si andrà sicuramente incontro saranno:
1) LA FUGA DI CAPITALI. L'uscita
da un'unione monetaria, con l'adozione di una nuova valuta, è un passaggio
tecnicamente difficile che deve avvenire con un'operazione-lampo, gestita
nell'arco di poche ore e accompagnata dal blocco provvisorio dei movimenti di
capitale. Così è avvenuto, per esempio, nella Repubblica Ceca e in
Slovacchia che negli anni '90, dopo la caduta dei regimi dell'est, avevano
mantenuto per qualche anno una traballante unione monetaria. Se l'operazione di
uscita dall'Euro non viene gestita bene e non rimane confinata nel segreto
delle stanze diplomatiche, si rischia una fuga di capitali all'estero.
Non appena sarà chiara la volontà dell'Italia di abbandonare la moneta unica,
molti investitori saranno infatti spinti a darsela a gambe, spostando le
attività finanziarie detenute nel nostro paese verso nazioni con una valuta più
forte.
2) IL DEBITO. Oggi
tutto il debito pubblico italiano ha un valore espresso in Euro (circa 2mila
miliardi di Euro). Cosa accadrebbe se il nostro paese adottasse una nuova
valuta al posto della moneta unica? I possessori dei titoli di stato
(soprattutto gli stranieri che detengono ancora più di un terzo del
nostro debito), difficilmente accetteranno di convertire i loro crediti in
una nuova moneta che vale meno. In altre parole, chi possiede i Buoni del
Tesoro pretenderà che vengano ripagati in Euro (cioè nella valuta in cui
sono stati emessi), anche a costo di affrontare cause legali contro lo
Stato italiano. Dunque, è probabile che il nostro paese sia comunque costretto
a rimborsare l'attuale stock di debito in Euro, mentre il suo prodotto
interno lordo (Pil) sarà espresso in una nuova moneta che vale meno. In
questo modo, il rapporto tra debito pubblico e pil (che oggi è
poco sotto il 130%) rischia di schizzare verso l'alto alla velocità
della luce.
3) LE IMPORTAZIONI. Spesso
i fautori dell'uscita dall'Euro mettono in evidenza i potenziali benefici che
il nostro paese avrebbe adottando una moneta svalutata, come la vecchia Lira.
In questo modo, infatti, le nostre esportazioni riprenderebbero a viaggiare
con il turbo, acquistando grande competitività sui mercati. Ci si dimentica,
però, di due cose: innanzitutto, l'export made in Italy non va affatto
male, anzi oggi è tornato ai livelli precedenti la crisi economica, nonostante l'esistenza
dell'Euro. In secondo luogo, l'Italia non è soltanto una nazione esportatrice
ma anche e soprattutto un paese grande importatore di materie prime. Il
deficit energetico del nostro paese, per esempio, è attorno a 65-70 miliardi
a causa dell'import di gas e petrolio, il cui valore sui mercati
internazionali viene espresso in dollari, e si impennerebbe all'improvviso se
l'Italia avesse una moneta svalutata.
Occorre ricordare, infine, che il nostro paese ha la seconda
industria manifatturiera d'Europa, che eccelle in alcuni segmenti come
la meccanica industriale, particolarmente bisognosi di materie prime.
4) L'INFLAZIONE E I TASSI D'INTERESSE. Non appena un paese decide di svalutare la propria moneta,
ovviamente corre il rischio di una fiammata dell'inflazione a causa di
un maggior costo delle materie prime importate, che indirettamente finiscono
nel carrello della spesa. Quando i prezzi aumentano troppo, inoltre, la Banca
Centrale di un paese tenta spesso di fermarli aumentando anche i tassi di
interesse, cioè il costo del denaro. Al momento, una possibile fiammata
inflazionistica non viene considerata tra le conseguenze più gravi dell'uscita
dall'Euro, anche se non va mai dimenticato ciò che è già successo nella storia
italiana, soprattutto negli anni '70 e '80. In passato, il nostro paese ha
effettuato più volte delle svalutazioni competitive della Lira,
guadagnandosi però un triste primato: quello di avere dei tassi d'interesse e
una crescita dei prezzi altissimi, entrambi a due cifre.
Questa è la reale portata delle prevedibili conseguenze
dell’uscita dall’Euro. I signoraggisti/complottisti pensano che l’abbandono
della moneta unica sia non solo fattibile, ma soprattutto conveniente. Essi
rendono così credibili le loro storie perché effettivamente sono logiche, ma
partono da presupposti sbagliati. E mi ricordo che nel sillogismo aristotelico
se si parte da premesse false, si arriva a conclusioni false, anche se il
ragionamento è logicamente valido. È facile cadere nel tranello! (2-fine)
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