mercoledì 20 giugno 2012

Primo giorno dell'esame di Stato: la prova di italiano

L'esame di Stato. Va bene così com'è? Serve ancora?
La prima prova scritta durante l'esame dello scorso anno
Prende il via l'esame di Stato. Sono commissario esterno in un Liceo scientifico della mia provincia. Arrivo alle 7 e tre quarti e trovo già una truppa di studenti emozionati e vocianti davanti all'entrata. L'esame è per loro molto più di una grigia procedura burocratica (come spesso è per noi insegnanti): per loro è una prova di vita, una prova di coraggio, ma soprattutto è il primo confronto faticoso e impegnativo con le richieste della società degli adulti. Perciò è comprensibile l'emozione. Non servirebbe a nulla dir loro che "questa è solo la prima di una serie di prove che la società vi chiederà, e neppure la più difficile, o la più incomprensibile". Sarebbe una crudeltà e potrei anche essere linciato. Meglio lasciar perdere. Saluto ("Buon giorno ragazzi!"), e entro nell'aula magna. 
I vecchi plichi delle prove scritte

Un esempio di codice telematico per scaricare il plico della
prova di italiano
La procedura di trasmissione on line dei plichi ha funzionato. Dopo un avvio lento durante il quale abbiamo tutti pensato e temuto il peggio ("ecco: le solite cose all'italiana! Tanta pubblicità alla novità dei plichi telematici ed ora il sistema fa flop..."), ogni cosa è andata avanti come previsto: codici comunicati, inserimento riconosciuto, testi scaricati, fotocopie effettuate. Alle 9 tutti gli studenti erano già a testa bassa sui fogli a leggere il contenuto delle tracce.

Le tracce? Discrete nel complesso. Una (quella sul labirinto) cervellotica e sofisticata; ma le altre centrate su questioni molto ampie e importanti: la funzione della scienza, la Shoah, i giovani di fronte alla crisi. Discutibile la scelta del testo di Montale, ma l'argomento trattato in esso dal grande poeta è tutt'altro che irrilevante: "ammazzare il tempo", la vera ossessione dell'umanità contemporanea.  Chissà se, come dice Montale, gli studenti sono tra coloro (pochi, pochissimi) che sanno convivere con l'inattività e la solitudine, che sanno trasformare queste non in ozio improduttivo, ma in otium riflessivo, in pensiero, lettura, conoscenza di sé. L'esame dovrebbe essere un modo per scoprirlo. Ma sarà così? Attesta ancora la maturità? Va bene così il suo svolgimento o qualcosa sarebbe da rivedere? Qualcuno si  chiede anche se esso  serva ancora: è utile? Sarebbe migliore la scuola senza l'esame?

In questi giorni affronterò la questione sul blog, impegni d'esame permettendo, è ovvio... A risentirci, allora, nei prossimi giorni (con un sondaggio tra i lettori di Tersite). A presto!

2 commenti:

  1. ciao Carlo, sono domande che mi sono posta e mi pongo anche io in maniera massiccia ogni volta che si ripresenta l'esame; certamente l'esame non rende migliore la scuola, è il rapporto quotidiano con noi che fa crescere lo studente, e il lavoro quotidiano dei cinque anni di scuola che fa maturare sempre di più lo studente. Purtroppo le aspettative dell'esame sono sempre tante, portare a casa un bel voto sembrerebbe l'unica cosa che conta, ma ti posso dire che, quando ex alunni mi vengono a trovare, non parlano dell'esame ma del rapporto creato tra me e loro.... Buon lavoro, ci risentiamo, Genziana

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    1. Ciao Genziana! Grazie per il commento, sono contento di vedere il tuo nome sul blog! Hai assolutamente ragione: niente, nella scuola, vale quanto il rapporto tra gli studenti e gli insegnanti. E' l'alfa e l'omega del nostro lavoro! D'altra parte l'esame forse ha una sua utilità, sebbene non tutto in esso funzioni alla perfezione (ricordi?...). Ne parleremo ancora su questo blog, seguimi quando hai tempo. Un abbraccio e buon lavoro anche a te!

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