lunedì 4 giugno 2012

Contorsionismi degli anni Trenta: i socialisti francesi e Hitler

Contorsionismi degli anni Trenta: i socialisti francesi e Hitler


“Un tiranno può essere eletto per suffragio universale ed essere non meno tiranno per questo” (Alain [pseud. di Emile-Auguste Chartier], Eléments d’une doctrine radicale, Paris, 1925, cit. in H. Stuart Hughes, Coscienza e società. Storia delle idee in Europa dal 1890 al 1930, tr. it. Torino, Einaudi, 1967, p. 270)

Racconta il saggista statunitense Paul Berman (in Terrore e liberalismo, Einaudi, Torino 2004) che negli anni Trenta, in Francia, il Partito socialista era diviso in fazioni. Leon Blum, che tra 1936 e 1937 era stato Presidente del Consiglio, rappresentava la corrente moderata; Paul Faure rappresentava la corrente più radicale che godeva di un notevole seguito e consenso tra le masse popolari: poiché era avversa alla guerra, tale corrente era denominata “pacifista”.

Leon Blum
Quando tra 1936 e 1938 Hitler cominciò a minacciare, e poi a realizzare, la militarizzazione della Renania, l’annessione dell’Austria, l’occupazione dei Sudeti, Blum ne rimase spaventato e prese ad opporsi al nazismo e a sostenere la necessità di prepararsi alla guerra contro la Germania. Faure invece non voleva la guerra, era pacifista e sosteneva che in fin dei conti la Germania era stata trattata ingiustamente dopo la prima guerra mondiale, perciò ora i tedeschi stavano davvero soffrendo, come diceva Hitler nella sua propaganda, e ciò era colpa delle potenze democratiche e capitaliste, come l’Inghilterra e la Francia. Per Faure e per i suoi seguaci non era Hitler la vera minaccia per la pace, anzi secondo loro i tedeschi meritavano ascolto e le richieste di Hitler erano da considerarsi, in fin dei conti, ragionevoli: bastava un po’ di flessibilità e di disponibilità a dialogare con il nazismo e la pace sarebbe stata salvata. La vera minaccia, secondo Faure, veniva dai guerrafondai capitalisti, dalla grande finanza, dalle banche che avevano tutto da guadagnare dallo scoppio di una guerra grazie al commercio delle armi. Non era Hitler la vera minaccia: a meno che non lo si volesse considerare un pazzo. Ma com’era possibile, diceva Faure nei suoi comizi, che milioni di tedeschi avevano prestato ascolto ad un pazzo? Il fatto che Hitler fosse ben voluto e seguito da milioni di tedeschi, soprattutto dai giovani, dimostrava che non era possibile che fosse un pazzo. C’era della ragione in ciò che diceva, e occorreva ascoltarlo.

Certo, qualcuno faceva notare a Faure che Hitler perseguitava gli ebrei, che il linguaggio usato contro di loro rifletteva odii terrificanti e superstizioni medievali orribili, che le espressioni utilizzate da esponenti delle SS sul fascino di uccidere erano lugubri e del tutto insensate. Ma Faure sosteneva che non si poteva liquidare ogni critica nei confronti degli ebrei come superstizione medievale, che nelle critiche di Hitler c’era sicuramente qualcosa di vero e di giusto, altrimenti come si spiegherebbe il consenso che aveva? E del resto Hitler odiava i finanzieri ebrei: non aveva forse ragione? Non era forse la finanza ad avere speculato sulla prima guerra mondiale? E non era forse la finanza la causa della attuale crisi economica, iniziata negli Stati Uniti nel 1929? E se ci fosse stato davvero un complotto degli ebrei e della finanza fatto ai danni dei cittadini onesti? Leon Blum era di origini ebree ed ora sosteneva la linea dura contro Hitler: tutto ciò non poteva che destare sospetti. Infatti: non erano forse le radici ebree di Blum che spiegavano il suo impegno continuo per convincere i francesi a prepararsi alla guerra? Il suo essere ebreo non era da considerare come una minaccia per la Francia?

Tutto ciò accadde tra 1936 e 1939. Poi Hitler, nel settembre del 1939, conquistò metà Polonia. L’altra metà, come si sa, venne occupata dall’Urss di Stalin che nell’agosto precedente si era accordato con Hitler. La Francia e la Gran Bretagna, a questo punto, dichiararono guerra alla Germania, ma Faure si oppose, ritenendo che si trattasse di una misura estrema che si poteva evitare, bastava accordarsi con Hitler: perché andare a morire per difendere una nazione, la Polonia, che dopo la prima guerra mondiale si era formata e ingrandita proprio a spese della Germania? E non era, in fin dei conti, proprio la Polonia la nazione dove trovavano rifugio tanti ebrei di tutta Europa? E se proprio lì ci fossero i responsabili del complotto finanziario che aveva provocato la crisi economica? Perché morire per Danzica? Hitler non ce l’aveva con la Francia, non rivolgeva le proprie armate contro l’occidente, anzi sul fronte occidentale, diceva Faure, non si sparava un colpo: chi voleva la guerra allora? Perché tutto questo clamore sulla necessità della guerra? E se la guerra fosse stata dichiarata per assecondare gli interessi della finanza ebraica? In fin dei conti dal settembre 1939 alla primavera del 1940 in occidente nessuno aveva ancora sparato: questa era proprio una drôle de guerre, una strana guerra; troppo strana per non destare sospetti.


Ma nel giugno del 1940 arrivò l’invasione. In poche settimane le divisioni corazzate tedesche misero in ginocchio una Francia impreparata e sconfissero anche la forza militare giunta dall’Inghilterra per aiutare i francesi. Hitler divise in due la Francia: una parte annessa al Terzo Reich, una parte “libera”, ma governata da istituzioni fantoccio, sostenute dai fucili dei tedeschi: la Repubblica di Vichy guidata dal maresciallo Pétain. Leon Blum naturalmente venne arrestato e internato nel lager di Dachau; Faure e i suoi seguaci sostennero il governo Petain e ne fecero parte. In fin dei conti, affermava Faure, i nazisti dicevano di volere una nuova Francia e una nuova Europa, libera finalmente dalle combriccole corrotte della politica precedente, libere dalla ammuffita democrazia borghese, libere dalle impurità rappresentate dagli ebrei e libere, soprattutto, dalla finanza e dai suoi loschi affari. Si chiedeva Faure: in fin dei conti, non è forse questo che abbiamo sempre desiderato anche noi socialisti pacifisti?

Immagini dell'invasione tedesca della Francia
1940: la Francia divisa




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