Contorsionismi
di oggi: gli italiani, Berlusconi, la Lega, Grillo
“Gratta un
italiano e troverai un trombone pronto a intonarsi a qualunque fanfara purché
faccia molto rumore.” (Paul Valery)
Fino
allo scorso anno in Italia era possibile incontrare molte persone che si
dichiaravano ammaliate da Berlusconi e per questo lo votavano. Con quali
argomenti? Questi, più o meno: “è un uomo vincente, basta vedere quel che ha
fatto negli affari. Mentre i politici italiani cosa hanno saputo fare? Solo
tenersi attaccati alla propria poltrona senza mai lavorare!”; “è un uomo nuovo,
non il solito ammuffito personaggio della politica!”; “è un uomo che viene
dalla società civile, è come noi, uno che sgobba, rischia il proprio denaro e
produce ricchezza!”; “è uno che dice quel pensa, su tutto, anche sulle donne:
ben venga uno che parla chiaro!”. Ci sono persino coloro che hanno visto nel
Cavaliere un esempio di bellezza e di fascino latino. Quando si è innamorati,
come si sa, si è ciechi.
Lo
scorso anno, a causa delle vicende che hanno portato Berlusconi agli onori
della cronaca scandalistica (le feste a base di burlesque; Ruby; le “olgettine” e così via), anche i più stregati
dalla verve vincente del Cavaliere hanno dovuto cedere le armi. Senza dire
nulla a nessuno, molti di costoro hanno cominciato ad accarezzare l’idea del
tradimento. Non tutti sono arrivati a tanto, ma alcuni sì: sono i transfughi
del PdL, elettori scontenti del Cavaliere che si sono riciclati e, pur di non
dare il proprio consenso agli ammuffiti uomini politici italiani, hanno
cominciato a… “riorientarsi”. Verso dove? Fino a dicembre costoro hanno
faticato a trovare una sistemazione: a sinistra non sarebbero mai andati, né
verso il PD, sentinella del vecchio sistema secondo costoro, né verso Di Pietro
o Vendola, troppo nemici di Berlusconi per essere accettati da questi
transfughi del centro-destra. Cosa scegliere, allora?
Una
mano l’ha tesa loro la inaspettata formazione del cosiddetto “governo tecnico”
di Mario Monti. Non sarebbe stato possibile per costoro sentire simpatia per un
governo che, sostenuto dal Parlamento che essi hanno contribuito ad eleggere,
otteneva in poche settimane quel consenso internazionale che Berlusconi non è
mai riuscito ad ottenere in 18 anni di attività politica. Sono cose che
farebbero saltare i nervi anche ad un santo: “ma come, hanno pensato questi
transfughi, l’uomo della società civile, l’uomo di successo, l’uomo che dice
pane al pane sostituito da un professore così misurato e così vecchio stile?
Saremo governati ancora da grigi e ammuffiti personaggi? No, non con il nostro
consenso”. Perciò, i transfughi hanno cominciato a pensare alla Lega. In fin
dei conti per costoro Bossi è uno che dice pane al pane, viene dal nord, non è
un “ruba-stipendio-statale-romano”, anche lui appartiene a quella schiera di
italiani che sono contro la casta, anche lui è uno che non ne può più della
politica ammuffita dei vecchi partiti! “La Lega – dicevano - in questo momento
è una scelta antisistema, se vogliamo cambiare qualcosa dobbiamo votare contro
il sistema”.
Quello che è accaduto dopo qualche mese ha costretto questi transfughi ad
un'altra rapida conversione (o contorsione?). Il “cerchio magico”, le finte
lauree del “Trota”, i soldi pubblici finiti in Tanzania o nella scuola padana
di lady Bossi, i diamanti e così via, tutto ciò dimostrava fin troppo
chiaramente che anche la Lega è parte della casta, mentre le sparate bossiane
apparivano come espedienti linguistici rivolti al pubblico per impressionare,
per creare attorno al partito quell’aura rivoluzionaria utile a mascherare quanto
di più vecchio ha la politica italiana: la cura del proprio “particulare”. Che
cosa potevano fare allora i nostri transfughi ex-berlusconiani? Verso quale parte
politica potevano orientarsi ora che nemmeno la Lega era più antisistema? Come
continuare ad esprimere il proprio fastidio verso la casta dei politici
ammuffiti? Per gran parte di loro, forse la maggioranza, la collocazione non è
ancora decisa ed è probabile che ritorneranno a votare per il Cavaliere,
soprattutto se questo saprà ricostruire la propria immagine politica. Le recenti
vicende fanno pensare che Berlusconi stia prendendo le distanze dal governo
Monti, non tanto perché in disaccordo con la politica di questo esecutivo, ma
per ragioni elettorali: il PdL non vuole certo arrivare alle elezioni trascinandosi
dietro la fama di un partito che ha sostenuto una dura politica di tassazione.
Pensieri simili, naturalmente, stanno maturando anche nel PD, se si considera quanto ha dichiarato ieri Stefano Fassina. Insomma, tutti sanno che le tasse in
questo momento sono una dura necessità, ma nessuno ha il coraggio di
presentarsi alle elezioni con la fama di averle volute.
Ma
se la maggioranza degli ex elettori del centro destra prima o poi tornerà a
votare per il PdL (o come si chiamerà il partito che si collocherà in quest’area),
dal punto di vista sociologico trovo più interessante e più rappresentativo del
“carattere degli italiani” il comportamento della minoranza dei transfughi ex
berlusconiani: quella minoranza che, passata da Berlusconi alla Lega, oggi sta
ri-orientandosi verso Grillo. Sì, proprio verso Grillo e verso il suo
movimento. Cosa vi trovo di sociologicamente interessante in costoro? Sono le
loro motivazioni ad interessarmi, motivazioni che rivelano la permanenza nella
cultura politica dell’italiano medio di un fondo di ribellismo e insieme di
qualunquismo che di tanto in tanto, nella storia dell’Italia unita, si diffonde
come un’onda tellurica travolgendo ogni argine e ogni regola: il nazionalismo
bellicista di inizio Novecento, il biennio rosso, il fascismo, l’Uomo
qualunque, il Sessantotto, l’antifascismo ideologico. Tutte queste culture
politiche hanno condiviso una parte di quel ribellismo “antisistema”,
populista, un po’ becero e volgare, incline all’uso della violenza verbale e
fisica. Tutte sono nate da un milieu sociale che stava trasformandosi profondamente,
e nella trasformazione hanno trovato la loro ragion d’essere: non tanto nel
cambiamento meditato e ponderato, orientato verso una finalità sensata, capace
di rappresentare tutti gli italiani, capace cioè di includere ogni cittadino
nell’esito della trasformazione; quanto piuttosto nel cambiamento fine a se
stesso, nella trasformazione intesa come resa dei conti, come umiliazione-eliminazione
del nemico, come ribellione e basta, ribellione rabbiosa, distruttiva e,
quindi, in sé salvifica. Un cambiamento inteso come “fare piazza pulita” di
tutto e di tutti, inteso come “cacciare il vecchio” per “far posto al nuovo”,
anche se questo nuovo è del tutto nebuloso.
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Serrati a Mosca con Trotskij |
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D'Annunzio a Fiume |
Per
questa minoranza di transfughi del centro-destra ora è Grillo a suonare la
fanfara del nuovo, del moderno, dell’antisistema. Le motivazioni della loro
scelta sono le stesse che li portarono a votare Berlusconi e a simpatizzare per
la Lega: “Grillo è il nuovo, è uno di noi, non è il solito ammuffito politico
italiano, viene dalla società civile, usa le nuove tecnologie quindi è moderno
e innovatore, non ha paura di mettere alla berlina gli avversari, dice pane al
pane e per giunta ha carisma e fa ridere”. Per costoro Grillo è contro le
combriccole della politica, contro la casta, anzi è contro la politica tout court. In effetti Grillo non ha un
partito, non riunisce congressi, non organizza burocrazie e quadri dirigenti,
come fanno invece tutti gli altri protagonisti della politica: ha un rapporto
diretto con le masse, parla direttamente alla gente, proprio come facevano i
leader dei movimenti che ho ricordato sopra, dal Serrati del biennio rosso al D’Annunzio
dell’impresa fiumana, dal Mussolini di Palazzo Venezia al Brandirali di Valle
Giulia. Ed è proprio questo che piace agli orfani del berlusconismo
antisistema: che il leader dia loro un credo, un credo forte e riconoscibile
anche se insensato. Anzi, più sono insensate, pericolose o provocatorie le sue
proposte, più appaiono antisistema, quindi intrinsecamente giuste.
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Scontri a Valle Giulia, marzo 1968 |

Non
so se Grillo condivida tutte le aspettative dei transfughi ex berlusconiani; non
so se Grillo sia un Masaniello, un nuovo Fuhrer o un salvatore della patria;
per ora vedo che da lui stanno prendendo le distanze anche coloro che sono
stati eletti sotto le sue insegne. Non è facile fare previsioni su di lui e sul
destino del suo movimento, sebbene sia altamente probabile che alle prossime
elezioni ottenga molti voti. Di certo c’è già qualcuno tra gli italiani che
vede in lui qualcosa di più di una guida politica: un fustigatore, un
vendicatore, un incendiario che distruggerà il mondo della casta, il mondo dei
politici ammuffiti. Questi italiani sono finora una minoranza (anzi, la
minoranza di una minoranza), ma chi se la sente di affermare che le loro
motivazioni non si diffonderanno e non stregheranno milioni di altri
connazionali? Sono motivazioni, come ho detto, che appartengono ad una cultura
politica profondamente radicata nel nostro paese, una cultura che rifiuta la
complessità dei problemi e preferisce la scorciatoia dello schema
semplificatore e rassicurante: noi, seguaci del vendicatore, siamo i puri; gli
altri, quelli che spediremo all’inferno, i corrotti. Non mi stupirei di vedere
tra qualche anno le folle esultare davanti ad un balcone, o ad un palco… Non sarebbe
la prima volta che gli italiani seguirebbero chi urla di più, chi li
impressiona di più con proposte provocatorie, ancorché insensate o pericolose.
Tornerò
ancora sulla questione.
occorre ricordare che dietro la mascotte-Grillo c'è un corposo programma, che troppi ignorano, elettori del movimento inclusi!
RispondiEliminanon trovo corretto criticare senza parlare dei VERI princìpi ispiratori, al di là dei cavalli di battaglia: commentare solamente questi ultimi somiglia troppo a quell'informazione faziosa e succube dei clientelismi a cui - purtroppo - ci stiamo abituando...
http://www.beppegrillo.it/iniziative/movimentocinquestelle/Programma-Movimento-5-Stelle.pdf
Caro Anonimo, se desideri che ti risponda firmati. Grazie.
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