Siamo all’agonia del movimento?
Chiedo preventivamente scusa ai miei affezionati lettori: non
si dovrebbe mai proclamare “l’avevo detto!”, perché suona presuntuoso. Ma
stavolta mi scappa proprio di dirlo: l’avevo scritto nel post del 26 febbraio (Le elezioni del 24 febbraio. Errori e populismi)
e in quello del 10 marzo (Grillo e il M5S: cosa vogliono davvero?). Avevo scritto che il M5S andava incontro a
dissensi interni e a gravi spaccature, a causa del suo arrogante rifiuto di
allearsi con altri partiti per governare; e, in secondo luogo, avevo scritto
che il problema di questo movimento era costituito da Grillo, non dall’inesperienza
dei deputati. Anzi, ho invitato più volte i neoeletti e la base dei
Cinquestelle a ribellarsi al loro incontinente e autoritario leader, a
liberarsi della zavorra costituita dalla sua inconcludente violenza verbale.
Ora sembra che le mie previsioni fossero azzeccate.
L'ex senatrice 5Stelle Adele Gambaro |
Dico questo (con malcelato orgoglio, lo riconosco), perché
non solo i giornalisti lo scrivono finalmente in modo aperto, ma anche la
senatrice Gambaro, da poche ore espulsa dal M5S, l’ha affermato esplicitamente
nella sua coraggiosa e sciagurata intervista rilasciata a Sky24, dopo la
sconfitta alle elezioni amministrative: “Stiamo pagando i toni di Beppe Grillo,
dei post del suo blog. […] il problema del Movimento è Grillo” (cfr. sky.it). In realtà, Tersite è stato facile profeta: i segnali provenienti dai pentastellati
parlavano da soli. Per il futuro prossimo è invece più difficile esprimersi.
L'intervista della sen. Gambaro a Sky24 |
L'on. Paola Pinna intervistata da Piazzapulita |
Non so, al momento attuale, come finirà la bagarre interna al
movimento. Per ora, si sa che il voto on line della base 5Stelle si è espresso con il 65% a favore dell’espulsione della Gambaro (vedere Corriere.it), e ciò è un segnale ulteriore di divisione. Non
sappiamo come finirà il caso dell’altra deputata temeraria, Paola Pinna, la
quale, in un’intervista rilasciata alla Stampa
il 18 giugno (e ribadita in tv, a Piazzapulita),
ha affermato che il clima creato nel M5S dai metodi di Grillo e dei suoi
fedelissimi è da “psicopolizia”: “Se non sei d’accordo dicono che è per soldi o
perché sei del Pd: ti delegittimano” (cfr. Corriere.it). Non sappiamo, infine, se questi dissensi interni
condurranno davvero ad una spaccatura del movimento, anche se, su tutti questi avvenimenti,
sia i deputati sia la rete sono già profondamente divisi. In ogni caso, e a
costo di ripetermi, fin da ora traggo alcune inevitabili conclusioni dai quattro
mesi di esperienza parlamentare del partito di Grillo.
Innanzitutto sembra fallito il progetto di rendere la
politica del tutto trasparente utilizzando la rete: il mito dello streaming si è rivelato un buon
argomento di propaganda, ma quasi impossibile da utilizzare nelle modalità
urlate da Grillo, ovvero universalmente, sempre e ovunque in ogni sede
politico-istituzionale. La politica ha aspetti che non possono, per loro
natura, essere sottoposti alla visione diretta del pubblico, pena il
verificarsi di quello che io chiamo “effetto Grande Fratello” (mi riferisco
all’orrido reality show andato in
onda per anni sulle reti Mediaset): ovvero la distorsione della realtà,
l’insincerità degli atteggiamenti, la falsità delle affermazioni vendute come
verità e come realtà oggettiva. Sotto i riflettori e davanti ad una telecamera
ogni politico reciterebbe un ruolo a beneficio del proprio consenso, a
svantaggio della franchezza e dell’onestà. Ancor più persuasivo è il fatto che
la maggioranza dei deputati (l’altro ieri), e Grillo stesso (in occasione dei
suoi incontri con i gruppi parlamentari), scelgano sistematicamente di non
usare lo streaming quando si tratta
di rendere trasparenti le loro decisioni: prova evidente della debolezza della
proposta e dell’infondatezza dei suoi presupposti. La rete non è francescana,
né anticapitalista (come asserito da Grillo-Casaleggio nel libro Siamo in guerra); l’espulsione via web della
Gambaro, avvenuta senza dare a questa alcuna possibilità di difesa, come
ricorda Federico Mello sull’Huffington
Post, ha ucciso “la libertà di critica che muore sotto gli applausi
scroscianti della Rete” (F. Mello, Così muore la libertà, sotto gli applausi scroscianti della Rete, Huffington Post, 19/6/2013). Non è vero
che in rete “uno vale uno”: Grillo e Casaleggio “valgono” più degli altri
utenti, “sono più uguali degli altri”, per usare la nota espressione orwelliana.
In secondo luogo si è infranto il proposito di fare del M5S la
testa d’ariete che avrebbe sfondato il muro di cinta della politica, cambiando
radicalmente il rapporto tra istituzioni e cittadini. Il movimento si è infatti
chiuso a riccio su se stesso, geloso della propria presunta diversità e della
propria presunta purezza, ritenute ben più importanti delle riforme di cui
l’Italia ha bisogno. Di qui l’attenzione maniacale per la rendicontazione delle
spese, la polemica sulle diarie, l’attesa spasmodica per il “Restitution day”,
fissato per il 16 giugno e per ora saltato e non più celebrato, il rifiuto
categorico a mescolarsi con “gli altri” (i partiti, i giornali, le
televisioni), la fiducia esclusiva nel “popolo della rete”, il controllo
poliziesco sulle affermazioni dei deputati, puntualmente censurati (e soggetti
a procedura di espulsione) se si azzardano a criticare il Grillo-pensiero.
In terzo luogo, conseguenza di questo stato di cose, non si è
mai risolto il problema della democrazia interna al movimento, anzi, la
questione non è mai stata percepita come meritevole di attenzione da parte del
leader. Tutta l’organizzazione del M5S, infatti, si basa su una delega in
bianco sottoscritta dai candidati, al momento della loro affiliazione, a favore
della coppia Grillo-Casaleggio. Il che significa compattezza attorno ai capi e
rifiuto di qualsiasi dialettica interna, poiché i grillini, con quell’atto di
sottomissione, hanno accettato la “visione del mondo” di Grillo, rinunciando
alla propria libertà di opinione. Come ricorderanno i lettori più attenti, che
il programma del M5S non fosse proprio un programma, ma appunto una metafisica “visione
del mondo”, che si sarebbe dovuta precisare in seguito, lo dichiarò lo stesso
Grillo nella famosa intervista rilasciata a Time nel marzo 2013 (di cui mi sono occupato nel post del 10.3): “Lo stiamo ancora
discutendo. […] Dateci tempo. […] Non è un piano politico. È una visione del
mondo”, rispose il comico al giornalista che gli chiedeva di illustrare i punti
del programma con cui M5S si era da poco presentato alle elezioni. Gli
affiliati, quindi, non hanno sottoscritto un programma, ma appunto un’ ideale,
uno scopo spirituale, una fede che solo Grillo è autorizzato a declinare in
proposte operative. Le stesse procedure di espulsione, presentate come l’alfa e
l’omega della democrazia diretta solo perché avvengono on line, sono in realtà
partecipate da poche migliaia di persone (cfr. ancora Corriere.it o Repubblica.it:
per il caso Gambaro hanno votato 19700 persone su oltre 48000 aventi diritto,
meno della metà; a favore dell’espulsione si sono espressi in 13000: nemmeno l’immaginazione
di un sessantottino potrebbe definire costoro “il popolo del web”!).
In quarto ed ultimo luogo, congelando i propri voti e
rendendoli indisponibili per qualsiasi politica, Grillo ha impedito alla
propria creatura di incidere sulle scelte, di spingere per il cambiamento, di
proporre traguardi riformatori all’altezza delle promesse fatte durante la
campagna elettorale.
L’esperienza grillina, insomma, potrebbe avere imboccato il viale
del tramonto. Se dovesse finire del tutto, di essa rimarrebbe poco di positivo
(nel senso di propositivo, affermativo, favorevole); resterebbe invece molto di
negativo (nel senso di opposto, avverso, ostile): la rabbia di milioni di
italiani scontenti della politica, le urla catastrofiste di Grillo, le brutte
figure di alcuni parlamentari, l’autoreferenzialità del movimento, le assonanze
della sua ideologia con quelle totalitarie. Il mito della democrazia diretta svanirebbe
tanto rapidamente quanto frettolosamente è stato accettato da un quarto
dell’elettorato italiano. Il dispotismo di un leader bilioso, risentito contro
i mass media e contro l’establishment, avrebbe ucciso nella culla il suo stesso
figlio. Domani, se il M5S scomparirà, sarà un po’ più difficile parlare di
rinnovamento della politica: di fronte a certe sparate propagandiste è
possibile che gli italiani diventino un po’ più diffidenti verso chi propone “il
nuovo”. È possibile, cioè, che si diffonda un sentire politico più
conservatore. E se questo sarà l’esito della breve esperienza grillina, non
possiamo dichiararci soddisfatti: perché proprio il nuovo serve oggi all’Italia,
un nuovo che sia giovane, forte, ottimista, credibile. Ma soprattutto realistico.
"Tutta l’organizzazione del M5S, infatti, si basa su una delega in bianco sottoscritta dai candidati, al momento della loro affiliazione, a favore della coppia Grillo-Casaleggio. Il che significa compattezza attorno ai capi e rifiuto di qualsiasi dialettica interna, poiché i grillini, con quell’atto di sottomissione, hanno accettato la “visione del mondo” di Grillo, rinunciando alla propria libertà di opinione."
RispondiEliminaE' proprio in questo punto da lei individuato che troveremo l'inevitabile implosione del M5S. Il problema è nella struttura interna, nello "scheletro" che si cela dietro l'organizzazione gerarchica dei grillini, nell' "ombra" antipolitica delle onnipresenti figure di Grillo e Casaleggio, che presiedono a qualsiasi decisione e deliberano in nome di quella presunta "visione del mondo" costituente appunto il programma esecutivo del Movimento. Un PARTITO (mi perdonino i grillini) nato dall'agonia e dall'impulso vitale di reagire allo stato di cose presenti, che però, dopo esserci entrato (nello stato di cose presenti), si renderà conto che il profilo antidialettico e antipolitico sotto il quale si è formato, non è in grado di garantire nessuna rappresentanza politica alle idee e ai principi sostenuti.
Ciao Francesco. È proprio così, il m5s non è in grado di garantire alcuna rappresentanza. Anche perché Grillo non crede nel sistema rappresentativo. Peccato per i voti che andranno perduti e, con essi, anche il desiderio di cambiamento: indeterminato, confuso, impolitico, ma pur sempre volontà di rinnovamento.
RispondiEliminaNon era così difficile prevedere che il M5S avrebbe avuto problemi dovuti all'eterogeneità del suo elettorato e dei suoi rappresentanti.
RispondiEliminaEra così facile che lo stesso Grillo ci era arrivato.
Trovo invece che su moltissime posizioni sia di politica interna che europea siano gli altri partiti ad essersi allineati con il M5S e mi riferisco al reddito di cittadinanza che con parole magari diverse, tutti si auspicano, alla ridiscussione del debito pubblico e di tante altre iniziative che vengono puntualmente ignorate dai media. Nessun grillino è stato sottoposto a tortura per accettare quelle regole dettate , come dicevo sopra, dalla diversità di estrazione e dall'inesperienza.Il programma è oramai chiaro anche perchè la visione del momdo a cui si ispira fa si che le risposte escano facilmente, dettate da conoscenza e buonsenso e non incasinate dai politici di professione. Cari intellettuali da salotto spiegatemi poi le meravigliose linee politiche degli altri partiti in che direzione ci hanno portato; state li a osservare distaccati una nazione che è di fatto già morta quasi contenti che il rinnovamento della politica, che auspicavate venisse dal M5S, non vi coinvolga. Il vero rinnovamento è culturale...a forza di parlare di Web, non vi siete accorti che il M5S è l'unico che tutt'ora parla ed incontra la gente, con i suoi "banchetti" e con altre iniziative fuori dai riflettori... la vera rete del movimento è quella stradale... e voi siete sul web
Apprezzo il fatto che, pur flettendo verso l'offesa personale, il suo commento non contenga insulti, come quelli che mi hanno scritto (sempre anonimi) altri "grillini". Faccia allora un altro sforzo: si firmi, esca dall'anonimato, abbia il coraggio delle idee che sostiene e metta nome e cognome.
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