giovedì 5 luglio 2012

Ultimo post sull'esame di Stato: lo teniamo o lo aboliamo?


Abolire l’esame di Stato?


Devo dire che non avrei pensato di riuscire a sollevare così tanto interesse sulla questione dell’esame di Stato. E invece ecco che ricevo commenti da studenti, ex studenti, colleghi, ex colleghi. Certo, si dirà, sono tutti, più o meno, addetti ai lavori. Ma non era proprio questo che lamentavo nel post del 29 giugno (Della “libertà di copiare”), e cioè che proprio tra gli addetti ai lavori non sempre ci fosse la volontà di affrontare questioni come questa? Perciò sono soddisfatto di avere suscitato interesse intorno ai temi dell’esame, della correttezza del suo svolgimento, dell’onestà nell’affrontarlo e nel prepararlo. Ringrazio tutti per gli interventi e per i commenti, e mi scuso se non sono riuscito a rispondere ad ognuno di voi: non è certo per mancanza di interesse, ma solo per mancanza di tempo. Spero che questo post conclusivo sulla questione dell’esame valga anche come risposta ai sensatissimi interventi che ho ricevuto.

Affrontiamo subito il toro per le corna: è utile l’esame di Stato? Me lo chiede esplicitamente Lucas, mio ex studente (commento del 30 giugno al post del 27/6). Modifico un po’ la sua domanda per rendere più esplicito il mio parere: “è utile UN esame, al termine del curriculum di studio di uno studente di media superiore?”. Posta così la domanda, a me pare che la risposta si presenti immediata: è utilissimo! E questo per varie ragioni: perché con un esame conclusivo si può certificare il raggiungimento di un certo livello di preparazione, si può uniformare la formazione di base dei giovani italiani rispetto a valori e standard culturali comuni, perché, infine, in tal modo si può sottoporre un giovane, per la prima volta nella sua vita, ad una seria e difficile prova che può avere un valore civico enorme, di preparazione-introduzione alla vita in una società complessa e in uno Stato di diritto, o, come si preferisce dire oggi, di avviamento alla “cittadinanza democratica”.

Ma, detto questo, altrettanto immediatamente si presentano i rilievi a tali ragioni: un esame sarebbe utilissimo SE fosse svolto come dovrebbe. Probabilmente alcune inefficienze e alcuni difetti dell’esame di Stato dipendono dal suo stesso impianto istitutivo, dalle norme che l’hanno creato, dalle procedure burocratiche che lo fanno funzionare. Il piccolo test che ho preparato nei giorni scorsi, e che potete ancora vedere qui a fianco, ha provato che qualcosa, secondo i partecipanti, si dovrebbe cambiare: sui dieci votanti che hanno preso parte al sondaggio, ben 9 hanno detto che sarebbe bene aumentare il punteggio del credito scolastico. Dieci votanti non sono nulla, è ovvio; eppure, mi permetto di dire, sono convinto che la loro opinione sia condivisa da molti italiani. Anche l’abolizione, o per lo meno la revisione, della terza prova scritta, suggerita da uno dei votanti,  dovrebbe essere presa in considerazione. Accanto a questi punti deboli, poi, ce ne sono sicuramente altri che andrebbero affrontati: il ruolo che ha, nel colloquio orale, l’approfondimento personale – meglio noto come “tesina” – spesso esercizio velleitario di insulsa interdisciplinarità (se non addirittura pessimo esempio di copiatura da internet); i complicati meccanismi di attribuzione dei punteggi; la burocrazia bizantina e farraginosa, e così via. Andrea, insegnante e acuto commentare del blog, ha suggerito una serie di correttivi tecnici molto interessanti (vedere commento del 27 giugno al post dello stesso giorno). Tuttavia non credo che siano questi i problemi principali resi evidenti dall’esame di Stato.

I problemi più gravi nascono dal modo con cui l’esame di Stato è affrontato dagli studenti, dai loro genitori e, soprattutto, dagli insegnanti. Come ho già detto, non serve a nulla un esame che ratifichi un giudizio già espresso dal consiglio di classe; non serve a nulla e a nessuno un esame che non costituisca un serio e rigoroso filtro culturale al termine dei 5 anni di scuola superiore; non serve a nulla e a nessuno, infine, un esame in cui i programmi dichiarati dagli insegnanti non sempre siano stati svolti realmente. Se affrontato in questo modo, l’esame di Stato è del tutto inutile. Ha ragione Stefania, collega e commentatrice di questo blog, nel dire che “tutte le prove servono, se affrontate con serietà” (commento lasciatomi su facebook). Il punto è proprio questo: o decidiamo tutti insieme, una buona volta, di essere seri nell’affrontare l’esame di Stato, o tanto vale abolirlo. Risparmieremmo denaro, tempo, energie fisiche e psicologiche. Ma soprattutto eviteremmo di impartire ai nostri giovani un pessimo insegnamento, ovvero che le prove e gli ostacoli della vita sono ipocrite messinscena che si superano con l’aiuto di qualche compiacente burocrate.
Luigi Einaudi (1874-1961), economista, politico,
nonché Presidente della Repubblica
dal 1948 al 1955

Un’altra collega, Genziana, suggerisce di abolire il valore legale dell’esame di Stato (commento del 4 luglio al post dell’1/7). Sono pienamente d’accordo: se proprio vogliamo tenerci QUESTO esame, se proprio vogliamo continuare a tollerare senza ribellarci il pressapochismo con cui viene gestito, si abolisca almeno il valore legale del titolo di studio (proposta sostenuta molti anni fa da Luigi Einaudi): in questo modo si farebbero emergere le scuole serie e di valore, attraverso una libera concorrenza tra gli studenti diplomati. Ma, occorre subito aggiungere, tutto il sistema dell’istruzione dovrebbe cambiare di conseguenza, dalle scuole medie all’università, e gli insegnanti dovrebbero essere reclutati e pagati in base al merito. Genziana suggerisce una riforma troppo avanzata per una nazione statalista e culturalmente mediocre come la nostra. In attesa che l’Italia sia in grado di realizzare questa riforma einaudiana, secondo me le alternative, riguardo all’esame di Stato, si riducono solo a due: o cambiamo tutti atteggiamento e facciamo funzionare l’esame come dovrebbe, o chiediamo al Ministro e al Parlamento di cancellarlo. In quest’ultimo caso, si potrebbe pensare di far valere il credito rilasciato dalle scuole come punteggio per partecipare ai test di ammissione all’Università: ma dovremmo essere sicuri che tutte le scuole italiane rispettino standard di serietà e rigore, altrimenti, ancora una volta, meglio fare a meno anche di questo punteggio.

Questo post è il mio ultimo intervento sull’esame di Stato. I miei “venticinque lettori” possono continuare a commentare la questione; se potrò, risponderò. Dai prossimi giorni riprenderò a scrivere di storia, filosofia, letteratura, libri e, di quando in quando, di politica: insomma delle cose che mi interessano di più. Della scuola, tuttavia, tornerò ad occuparmi ancora, e forse anche dell’esame: sono questioni che mi stanno a cuore, sebbene siano meno piacevoli delle altre. Per chiudere questa lunga conversazione sull’esame di Stato, vi chiedo ancora un po’ del vostro tempo: partecipate al nuovo sondaggio qui a fianco (potete fornire anche più di una risposta), consideratelo un piccolo test di democrazia diretta e immaginate di poterlo presentare al Parlamento italiano. Lo manterrò più a lungo dell’altro, per dare modo a più lettori di votare. Grazie a tutti e a presto!




4 commenti:

  1. giusto per rimuginare sulla questione e dato che lei è per me stato sempre motivo di riflessione, mi vengono in mente altri quesiti:
    ad esempio, lei non trova assurdo il fatto che uno studente che segue un percorso lungo 5 anni, durante il quale viene seguito e visto crescere dai suoi educatori non solo sotto l'aspetto culturale, venga poi infine valutato con una prova per così dire "secca"?
    Quello che intendo dire Professore è che mi sembra assurdo valutare (sempre se le persone si possano in un certo qual modo valutare...)la carriera e il grado di maturità di uno studente prendendo in considerazione delle singole prove.
    Per come la vedo io mi sembra una cosa stupida e fondamentalmente iniqua. In altre parole, secondo lei non v'è la possibilità che un ottimo studente possa ricevere una pessima valutazione a causa di una "giornata storta" e viceversa per uno scansafatiche cronico possa ritrovarsi a raccogliere molto di più di quello che ha seminato?!
    Per esperienza personale e diretta, così come è strutturato, l'esame di stato non mi sembra tener in giusta considerazione uno sforzo lungo 5 anni. Ovviamente possiamo sempre dire che le commissioni sono fatte di professori che possono aggiustare il tiro di un risultato troppo sproporzionato... però boh... ripensandoci adesso mi pare di essermi portato a casa di più di quello che effettivamente avessi dimostrato di meritare durante il percorso... che poi sia stato frutto di alcune giornate durante le quali mi sia ritrovato particolarmente in vena o della benevolenza di qualche esaminatore è tutto da discutere :)
    Non so se sono riuscito ad essere chiaro; da quando ho iniziato l'università non mi sento più capace di scrivere come prima e mi sembro sempre straordinariamente confusionario... spero che con le sue doti riesca, nonostante le mie deficienze, ad estrapolare il torbido succo delle mie riflessioni!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non è affatto torbido quello che dici, tutt'altro. Un esame è ovvio che deve essere una prova secca, non può essere diversamente. Per evitare i rischi che tu paventi e che, inutile nasconderselo, si verificano, bisognerebbe elevare il credito scolastico almeno di altri 20 punti. Ma la soluzione migliore sarebbe quella suggerita da Genziana (e ribadita nel nuovo commento che vedi qui sotto): sarebbe la migliore se il nostro paese fosse abitato da persone di buon senso... In attesa di diventarlo, bisogna accettare l'esame (di stato, non di maturità: quest'ultima è la vecchia definizione) ma riformarlo, riducendo il suo peso rispetto al curriculum dello studente: appunto alzando il credito scolastico.

      Elimina
  2. "Da un lato mi sono convinto, se non lo fossi già pienamente, che questi esami a fine ciclo sono inutili: basterebbe una certificazione puntuale e qualificata, su modello europeo, delle competenze da parte della scuola di frequenza. Senza valore legale un titolo di studio non sarebbe più un pezzo di carta ma l'effettiva preparazione a contare davvero, tant'è che le stesse facoltà universitarie che hanno previsto i test d'ingresso hanno diminuito l'incidenza percentuale del punteggio finale nel conteggio dei test, segno evidente del valore da loro attribuito agli esami di Stato". Questo scritto l'ho trovato in questo articolo che non so se riuscirai a leggere, sammai te lo posto sulla tua bacheca
    http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2012/7/10/SCUOLA-Cosa-dire-a-un-giovane-al-bivio-tra-studio-e-lavoro-/300404/
    Ne ho trova anche un altro di articolo interessante http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2012/7/7/SCUOLA-2-L-esame-di-Stato-Il-problema-e-chi-vuole-l-indietro-tutta-/299755/
    Genziana

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Andrò a leggere l'articolo. Le poche parole che mi hai scritto mi trovano già d'accordo. Ciao!

      Elimina