domenica 10 marzo 2013

Grillo e il M5S: cosa vogliono davvero?


Speranza di novità o rischio di autoritarismo?



Il Movimento 5 Stelle è la punta dell’iceberg di un malcontento e di un’insofferenza nei confronti della politica italiana che sta per esplodere. Ci troviamo su una polveriera che potrebbe saltare in aria da un momento all’altro, trascinando con sé disonesti e onesti, corrotti e vittime, riformatori e conservatori, buoni e cattivi.

Dopo Tangentopoli (1992) molti italiani si erano illusi che la corruzione sarebbe terminata, o almeno che sarebbe stata drasticamente ridotta. Nel crollo del sistema politico che ne derivò, la speranza di cambiamento di almeno un terzo dell’elettorato si è incanalato verso nuove forze politiche sorte dalla metà degli anni Ottanta in poi: da Forza Italia alla Lega, dalla Rete ad Alleanza Democratica all’Italia dei Valori. Dieci anni prima la speranza di uscire dagli inetti governi democristiani si era incanalata verso il Psi di Craxi; dal 1992 si incanalò verso forze politiche che sembravano essere “antisistema”, ovvero avverse alla partitocrazia della Prima Repubblica. Purtroppo furono tutte speranze che andarono deluse. Come Craxi fu travolto proprio da Tangentopoli, così Berlusconi e la Lega, le più longeve tra quelle forze nuove, dopo aver governato insieme per quasi 20 anni hanno lasciato un paese ancor più devastato dalla corruzione e dall’immoralità. Le leggi che queste forze politiche hanno nel frattempo emanato, talune con il consenso dell’opposizione di sinistra, costituiscono una pesante eredità per l’Italia attuale e ne condizioneranno ancora a lungo la vita politica, se non interverrà qualche radicale cambiamento: penso soprattutto alle norme sul federalismo regionale, fortemente volute dalla Lega e propagandate come la rivoluzione che avrebbe finalmente cancellato il centralismo statale e dato voce ai cittadini, riportato il potere nelle loro mani, ridato vigore alla volontà della società civile. Il risultato, dopo due decenni di proclami illusori, è sotto gli occhi di tutti: il grosso della corruzione si annida proprio al livello delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali. La totale assenza di controllo su esse da parte degli organi politici centrali ha dato agli amministratori locali un potere immenso, autoreferenziale, privo di limiti e di obblighi, situazione che, quando è esplosa, ha finito per nauseare e allontanare ancora di più i cittadini dalla politica.
Forza Italia nel 1994

Capisco la sensazione di frustrazione che molti italiani hanno provato nel corso dell’ultimo anno: dopo avere vissuto il disastro di una crisi economica che ha distrutto il reddito di milioni di famiglie, di fronte allo spettacolo indecoroso dei vari Fiorito e Lusi, di fronte all’incapacità del Parlamento di varare anche solo una modestissima riforma elettorale, molti hanno deciso di esprimere un voto di protesta, di nuovo “antisistema”, una sorta di grido di dolore per un’Italia che sta affondando. Tra costoro forse un 10% lo ha deciso all’ultimo istante, provocando quel terremoto politico-parlamentare che oggi stiamo vivendo. Perciò condivido quanto ha affermato lo storico Galli della Loggia nell’analisi del voto del 24 febbraio pubblicata l’8 marzo dal Corriere della sera (Il voto di quell’Italia insoddisfatta che da quarant’anni cerca di cambiare). Lo condivido solo in parte, però. Cercherò di spiegare il perché.

“C’è una generazione di Italiani, - ha scritto Galli della Loggia - c’è una parte del Paese, la quale già a partire dalla fine degli anni Settanta si accorse di quattro fatti che solo ora, dopo decenni, stanno entrando nella consapevolezza di tutti”. I quattro fatti elencati dall’autore sono, in rapida sintesi: l’inadeguatezza della seconda parte della Costituzione (quella che definisce le istituzioni di governo del Paese); le distorsioni e il malcostume introdotti dalla partitocrazia; l’esaurirsi della spinta propulsiva e della capacità della Democrazia cristiana di tutelare la democrazia; la subalternità dell’intera sinistra al Partito comunista italiano, cosa che ha decretato, per questa parte politica, l’impossibilità per decenni di vincere le elezioni.

Un numero di Liberal del 1998

Questo è ciò che condivido dell’analisi di Galli della Loggia. Ho la presunzione di far parte di quella generazione di italiani ricordata dall’autore. Dalla fine degli anni Settanta, appunto, anche per avere avuto la fortuna di incontrare intellettuali come Galli della Loggia, ho cominciato a prendere consapevolezza di quei problemi e in ogni occasione, privata o pubblica, in cui mi è stata data la possibilità di farlo, non ho mai temuto di esprimermi criticamente sui limiti della nostra Costituzione, contro la partitocrazia, contro l’inefficacia dei governi democristiani, contro il ruolo egemone del Pci nella sinistra italiana. Per queste ragioni, appunto, appartengo alla schiera di coloro che, come ricorda l’autore dell’articolo, nel corso degli ultimi quattro decenni ha seguito con interesse la discussione sollevata dalle proposte di “riforme istituzionali” avanzate da Bettino Craxi, ha votato (sempre) per i radicali, ha sostenuto i referendum di Mario Segni, ha sperato (pentendosene subito) nel liberalismo professato, a parole, da Berlusconi. Mi sono sempre opposto alla Lega, tuttavia ne ho seguito con curiosità gli inizi, quando il dibattito culturale sul federalismo era animato da Gianfranco Miglio e ospitato da riviste anticonformiste e colte come Liberal. Mi sento parte, insomma, di quella storia e di quella generazione. Ho condiviso la necessità di forti cambiamenti istituzionali e politici, l’impellenza dell’uscita dalla Prima Repubblica, quando molti altri (la maggioranza) si nascondevano ancora dietro l’antifascismo degli anni Settanta e si ponevano a difesa intransigente di ogni virgola della Costituzione, se non addirittura di ideologie rassicuranti che attribuivano tutte le colpe al capitalismo e vaneggiavano di rivoluzioni armate condotte dalle masse proletarie.

Ma questa volta le cose mi sembrano diverse. Certo, è vero, come sostiene Galli della Loggia, che il Movimento 5 Stelle rappresenterebbe una nuova speranza di cambiamento per gli italiani che l’hanno votato. Ma, e qui arriva il mio dissenso con l’articolo in questione, non credo che lo sia Grillo, anzi penso che il Movimento 5 Stelle dovrebbe liberarsi dalle inquietanti ambiguità del suo leader. Se questo non accadrà, c’è da essere realmente preoccupati per diversi motivi.
Casaleggio e Grillo
Innanzitutto perché il M5S non è un partito (lo stesso Grillo lo ha detto più volte: “siamo un non-partito!”), ma piuttosto qualcosa di simile ad un’affiliazione commerciale. Essa si basa su un marchio depositato di cui sono proprietari esclusivi il signor Beppe Grillo e la Casaleggio Associati. I meetup che localmente hanno costituito gruppi aderenti all’affiliazione hanno potuto usare il marchio, solo firmando un documento di rinuncia all’uso proprietario dello stesso, di esclusivo diritto di Grillo e Casaleggio. Insomma, è come se quei gruppi fossero un negozio in franchising: liberi di usare l’attrattiva offerta dal marchio, ma alle condizioni fissate dalla proprietà. Sicché, chiunque osi parlare a nome del marchio rischia di subire azioni legali avviate dalla proprietà per impropria o illegittima utilizzazione. Si spiega così come mai il M5S non abbia mai riunito un Congresso nazionale, nel quale, di solito, gli aderenti di un movimento o di un partito si incontrano, discutono e stabiliscono una linea da seguire; niente congresso, poiché la linea è stata decisa a priori ed esclusivamente dalla proprietà. Ha un bel dire Grillo che nel decidere il comportamento da tenere prossimamente in Parlamento verranno utilizzate la democrazia diretta e la web democracy: in cosa consisteranno? Nel selezionare dal suo blog (o da qualsivoglia piattaforma wiki allestisca Casaleggio nelle prossime settimane) solo i pareri favorevoli alla sua linea di intransigenza? Chi garantirà la trasparenza di un luogo virtuale in cui solo i proprietari e gli amministratori potranno dire in quanti hanno espresso il loro parere, su cosa, e con quali risultati? Del resto queste domande non sono più il solo a formularle (vedi ad esempio l’articolo dell’Espresso che, un mese fa, presentava il libro di Federico Mello, Il lato oscuro delle stelle. La dittatura digitale di Grillo e Casaleggio, Edizioni Imprimatur, 2013).


In secondo luogo lo stesso programma elettorale del M5S, tanto propagandato per i suoi presunti contenuti innovatori, sbandierato per le sue proposte concrete e vicine ai “bisogni della gente” ora, improvvisamente, sembra non essere più importante per lo stesso leader del movimento. Che non conti più lo ha spiegato a chiare lettere lo stesso Grillo nella sua recente intervista a Time (Italy’s Beppe Grillo: meet the rogue comedian turned in kingmaker, by Stephan Faris, Time, 7 marzo 2013 vol. 181, n. 10: vedi qui). Ad una precisa domanda dell’intervistatore che chiedeva come mai Grillo insista su proposte (come il referendum sull’euro, la nazionalizzazione delle banche, la dichiarazione di insolvenza del debito pubblico) che non sono contenute nell’attuale programma del Movimento, il comico ha così risposto: “Lo stiamo ancora discutendo. E allora lo scriveremo nel programma. Dateci tempo. Io propongo un’idea di base. Non è un piano politico. È una visione del mondo. Non stiamo sostituendo una classe politica con un’altra. Noi vogliamo il 100% del Parlamento, non il 20%, o il 25% o il 30%”. Quindi, traducendo dalle sfere metafisiche in cui si muove Grillo nel linguaggio di noi comuni mortali, il programma presentato dal M5S alle elezioni politiche non è stato un programma, ma una “visione del mondo”; il programma vero e proprio deve ancora arrivare e non si sa chi e come lo elaborerà. Se i meccanismi di discussione interni al movimento sono quelli che ho prima indicato (cioè quelli tipici di un’affiliazione commerciale) si può legittimamente ipotizzare che la prossima “visione del mondo” sarà ancora inventata da Grillo e dalla Casaleggio Associati, i quali ascolteranno la voce di quegli attivisti che ne condivideranno le idee salvifiche: le voci dissenzienti non verranno neppure prese in considerazione.

Tutto ciò non può non destare qualche preoccupazione. Il fascismo non c’entra nulla, non lo evoco neppure come paragone, non ho bisogno di utilizzare lo schermo protettivo dell’antifascismo per temere che all’interno del Movimento 5 Stelle non vi sia democrazia; timore che diviene viva preoccupazione se si considera che, come egli ha affermato apertamente, Grillo mira al 100% del Parlamento. Questa unanimità, che il comico definisce come autogoverno dei cittadini che “divengono stato”, in realtà dovrebbe essere ottenuta non da cittadini liberi e privi di appartenenza, ma da un partito ben preciso, il M5S, quindi è legittimo chiedersi: quel 100% potrà discutere liberamente o sarà censurata ogni deviazione come tradimento e slealtà? E come potrà farlo se il movimento continuerà ad assomigliare ad un’affiliazione commerciale? Ma, soprattutto, come potrà in Parlamento esserci una libera dialettica di idee e di confronti se non ci sarà un’opposizione? Chi porrà dei limiti a quel 100%? Non vorrei scomodare John Stuart Mill e Alexis de Tocqueville per ricordare che una maggioranza, senza il contraltare di una minoranza, si può fatalmente trasformare in dispotismo.

Non commenterò più di tanto, poi, il resto dell’intervista di Grillo, perché credo che si commenti da sola. Ricorderò solo un passaggio. Alla domanda “Non hai paura che, se fallirai, la stessa energia che ti ha spinto verso l’alto possa sollevare forze oscure?”, Grillo risponde così: “Se noi falliamo, in Italia ci sarà la violenza nelle strade”. Come interpretare queste parole? Come un’intimidazione? Come dire: “o fate come dico io, o si scatenerà la violenza”? Grillo, in effetti, dice che dovremmo tutti ringraziarlo se finora non c’è stata violenza, perché il suo movimento la sta canalizzando; ma, aggiunge, se il suo movimento crollerà, allora essa esploderà. Come dire: “dopo di me il diluvio: o me, o non rispondo di quel che potrebbero fare i cittadini arrabbiati e da me mobilitati”. Qui, chiedo scusa, ma il ricordo del discorso del 16 novembre 1922 (noto come “discorso del bivacco”: vedilo qui), pronunciato davanti al Parlamento da Mussolini, non può non venirmi in mente: “Io affermo che la rivoluzione ha i suoi diritti […] Mi sono rifiutato di stravincere, e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti […] io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto”. Non voglio fare altri paragoni con il fascismo, ma vorrei ricordare che è Grillo stesso a proporre una sorta di continuità ideale con la novità costituita da quel movimento. Sempre nell’intervista suddetta, infatti, ha proseguito dicendo che “tutto è iniziato in Italia. Il Fascismo è nato qui. Le banche sono nate qui. Noi abbiamo inventato il debito pubblico. Anche la mafia. Ogni cosa è partita da qui. Se la violenza non partirà da qui, sarà per il movimento”.

Le ragioni dei miei timori non si fermano a queste considerazioni. Potrei dilungarmi a discutere punto per punto il programma di Grillo (quello già pubblicato e quello annunciato dai suoi proclami) ma scoprirei solo che le proposte che condivido di esso non solo sono pochissime (l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, leggi più severe sulla corruzione, la drastica riduzione dei costi della politica), ma negli ultimi anni le ho sentite avanzare da molti altri, senza per questo sentire affermare la necessità della conquista del 100% del Parlamento. Riguardo alle proposte insostenibili (l’uscita dall’euro, la giornata lavorativa di 20 ore, la non restituzione del debito pubblico ai legittimi creditori, il reddito di cittadinanza, il rifiuto della Tav) rinvio alle analisi economiche effettuate dalla voce.info: chiare ed efficaci confutazioni della fattibilità o dell’opportunità di queste idee (ad esempio, vedere qui sul reddito di cittadinanza). Ci sono infine le proposte pericolose, pronunciate ad alta voce durante lo tsunami tour o pubblicate sul blog di Grillo negli ultimi anni, come lo ius sanguinis per stabilire chi è cittadino italiano, l’abolizione dei sindacati, il licenziamento degli statali ritenuti superflui, la nazionalizzazione delle banche, l’apertura di credito a nazioni come l’Iran, la malcelata volontà di educare gli italiani secondo una “pedagogia nazionale”… Idee imbarazzanti e preoccupanti, da dispotismo antimoderno. Sono convinto che se si facesse davvero un referendum tra gli eletti del M5S esse sarebbero del tutto bocciate.


Ci sono anche altre ragioni per cui per ora non riesco a vedere nel M5S quell’annuncio di cambiamento che vi vede Galli della Loggia. Ragioni, per così dire, psicologiche e sociologiche sulle quali tornerò in un prossimo post. Per ora giungo a questa prima conclusione: il problema principale del M5S è proprio il suo leader, Beppe Grillo. La sua intransigenza, la sua rigida chiusura al dialogo e al confronto (snobbando fra l’altro i media italiani), la sua abitudine ad utilizzare un linguaggio offensivo e ad insultare chiunque proponga idee diverse dalle sue, screditano il suo movimento, presentandolo come antidemocratico e dispotico. Se davvero il M5S costituisce una speranza di cambiamento, la prima cosa che i neoeletti dovrebbero fare è smarcarsi da Grillo e da Casaleggio, rivendicare la propria autonomia, proprio come stabilito da quell’articolo 67 della Costituzione che, non a caso, Grillo vorrebbe abolire.

Rivolgo un invito temerario agli attivisti cinque stelle neodeputati: liberatevi di Grillo e del suo blog che rappresenta solo una finta democrazia, allontanatevi da Casaleggio, denunciate i vincoli commerciali che vi obbligano ad un'illiberale sudditanza e cominciate a ragionare seriamente, con chi ci vuole stare, su cosa fare per salvare l’Italia dal baratro e rilanciarne lo sviluppo. Se sarete capaci di fare questo, persino io, che non ho lesinato critiche al vostro Movimento, vi sosterrò. Grillo e Casaleggio non sono stati eletti, non hanno ricevuto voti, non hanno alcuna legittimazione politica da parte degli italiani; voi sì: fatela valere.

10 commenti:

  1. Condivido praticamente tutto di quello che dici. Ho solo una osservazione da fare riguardo ai finanziamenti ai partiti. E' vero che i partiti hanno esagerato e se ne sono approfittati, ma questo non significa che sia un principio sbagliato. In una campagna elettorale, come si fa a garantire eque possibilita' a tutti i candidati? Senza finanziamenti, che ovviamente vanno regolamentati in maniera seria, le lobby o ricchi avrebbero troppo potere di condizionamento e minare il sistema democratico. Non credo che si pssa immaginare una democrazia senza costi. Anche internet, che tutti pensano sia gratis nonche' cavallo di battaglia di grillo, non e' gratis. Dietro si sono milioni e milioni di investimenti che qualcuno ha pagato e continua a pagare. Penso quindi che i partiti, attori indispensabili di una sana democrazia, debbano essere adegatamente finanziati dai cittadini. E' chiaro che condanno l'abuso, ma questo dipende da altri fattori. E poi con quale ratio si condanna il finanziamento ai partiti quando poi gli elettori continuano a votare gli stesssi personaggi che per anni hanno e continuano ad abusarne?
    Un saluto anche se non ci conosciamo. Questo blog mi e' stato segnalato da non molto da mio fratello, un tuo ex studente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Carissimo Giovanni, certo ho capito chi sei. Dalla foto che vedo, fra l'altro, noto anche la somiglianza con Leonardo. Le cose che scrivi sono sensatissime, la politica ha dei costi, verissimo. Ti confesso che anch'io, sebbene abbia votato a suo tempo, nei referendum del 1993 e del 2000, per abrogare sia il finanziamento pubblico sia i rimborsi, non sono del tutto convinto che il sistema diventi meno corrotto senza di essi. Per disperazione e per stanchezza, penso che si potrebbe fare un tentativo "all'americana": autofinanziamento, obbligo di render pubblico l'elenco dei finanziatori, pene severissime per chi tiene nascosti i nomi e le somme ricevute. Si risparmierebbero molti soldi, ma soprattutto (questa è la mia speranza) si responsabilizzerebbe chi desidera entrare in politica: se entri, sappi che dovrai sudare sette camicie per trovare i soldi che ti servono, lo Stato e i contribuenti non ti daranno nulla. E su quel che raccoglierai, oltre a pagarci le tasse, dovrai fornire spiegazioni pubbliche: perché la tale industria ti ha dato soldi? Perché la tale banca ti ha finanziato? Gli elettori decideranno se votarti anche in base all'elenco dei tuoi sostenitori-finanziatori. Negli Stati Uniti il sistema funziona. Da noi non so se si riuscirebbe a farlo funzionare, forse troveremmo il modo di farlo fallire; ma perché non tentare e, dopo un anno o due, fare il consuntivo e vedere com'è andata? Non so, forse mi illudo ancora che gli italiani siano onesti (sotto sotto)... Con simpatia (e salutami tanto Leonardo!),
      Carlo

      Elimina
    2. Buongiorno Prof! Vede come faccio crescere bene mio fratello? Davvero un ottimo post. Sono tutti davvero interessanti, continui così!

      Elimina
    3. Grazie Leonardo! E complimenti davvero ad entrambi: tuo fratello Giovanni scrive bene e ha idee chiare. Continuate così anche voi! Un abbraccio!
      Carlo

      Elimina
  2. Gentilissimo Carlo,
    trovo che l'analisi contenuta in questo articolo sia molto equilibrata, puntuale e documentata.
    La condivido in pieno, per questo motivo chiedo di poterla segnalare ad altri amici.

    Andrea Guerzoni

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Gentilissimo Andrea, Le ho risposto tramite Google plus ma credo di aver fatto un mezzo... casino con i tasti. Spero che il messaggio Le sia arrivato comunque. In ogni caso ripeto qui quel che ho scritto là: volevo ringraziarla per l'assiduità con cui mi segue e per le segnalazioni del mio post che vorrà fare. Torni a leggere il blog, quando può, io verrò a visitare il suo di tanto in tanto. Con simpatia,
      Carlo Cerioni

      Elimina
    2. Ho letto (e risposto, pur con un po' di ritardo), grazie mille!
      Andrea

      Elimina
  3. Buongiorno professore.
    Avevo scritto una lunga riflessione ma poi mi sono accorto che il succo di quello che stavo scrivendo era come gli Italiani abbiano bisogno di un leader carismatico al di là di ogni cosa.
    In effetti è quello che si dice nel suo articolo.
    Mi spingo oltre. Gli Italiani sono irrazionali nel momento di esprimere il voto. Gridano forte solo quando nessuno li sente.
    Come ha fatto l'UNICO partito che proponeva un PROGRAMMA matematicamente impeccabile, di facile e veloce attuazione, che avrebbe per lo meno arginato immediatamente molte difficoltà, a prendere l'1% dei voti? per lauree e master millantati? No, perchè non era di impatto come le urla in piazza di Grillo e troppo difficile da far comprendere all'Italiano medio (che purtroppo con grande critica verso i miei concittadini definisco medio-basso)che non aveva voglia di perdere tempo a leggere e capire grafici e tabelle.
    L'elettore medio-basso che vota Grillo lo ha fatto per il wifi gratuito, per i referendum propositivi online (infatti la lettera di questa ragazza http://24o.it/links/?uri=http://www.change.org/it/petizioni/caro-beppe-grillo-dai-la-fiducia-al-governo-per-cambiare-l-italia-grillodammifiducia&from=%ABCaro+Grillo%2C+dai+fiducia+al+governo%BB%2C+la+petizione+e+le+proteste+della+base+online, firmata da 160000e passa persone è stata bellamente ignorata...), per il reddito da cittadinanza (per il quale credono che se io sto a casa non far niente lo Stato mi mantiene...bhè, comodo in effetti, perchè non ho votato Grillo?), perchè per capire cosa vuole Grillo basta guardare un video su youtube, perchè la colpa è tutta dell'euro, perchè ti fà accendere la scintilla dentro. Ma bastano 10 secondi di autocritica per capire che se ci mettiamo immezzo la pace nel mondo e che da grande vuole fare l'astronauta, sono discorsi alla portata di un bambino di 8 anni.
    A proposito della lettera, come volevasi dimostrare: in un periodo come questo, qual'è il 9° punto, tra l'altro anche in grassetto? INTERNET GRATUITO!!! ahahahahahahaha ma dai! 160000 persone hanno votato questa petizione! Come si fa a non dire che la gente non è razionale?
    Come si fa a lamentarsi (giustamente) per la pressione fiscale, il cuneo fiscale, la disoccupazione, le pensioni che i miei coetanei non vedranno mai, la difficoltà di start up e cose del genere e poi chiedere INTERNET GRATUITO ed il redditometro per i politici prima di ogni altra riforma??? Non è una vendetta personale e basta?
    Un pò come quell'altro che guadagna voti acquistando giocatori di calcio! (qui l'elettore non è medio-basso, ma proprio entry level!)
    Sono cinico e spero che chi abbia votato M5S col solo intento di vedere i soliti odiati politici in galera si penta di averlo fatto, ed accenda il cervello (che Grillo con le sua urla in piazza ha completamente spento, avoglia a dare la colpa a tg e giornali faziosi...) ma sono Italiano e purtroppo chi governa loro governa anche me e spero che i grillini si autorealizzino, appunto come diceva lei, abbandonando i dettami del comico e del suo mentore Casaleggio, perchè tra i grillini c'è sicuramente qualcuno che ha intenzione di realizzare qualcosa di più concreto ed utile di quello di cui Grillo ha parlato nei suoi comizi.
    Siccome, come si è capito, sono egoista superbo e vanitoso chiudo pensando seriamente che "il voto non è per tutti"
    Cordialmente la saluto
    Luca

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Luca, come darti torto? Però io sono molto più vecchio di te, un po' di pessimismo e un pizzico di cinismo forse sono più tipici della mia età che della tua. Tu, ti prego, continua a sperare, a sperare per il futuro di questo paese, a lavorare anche, come sicuramente stai già facendo, per renderlo migliore, ma soprattutto non perdere la speranza.
      Detto questo, credo anch'io che vi sia una dose di irrazionalità nel voto del 24 febbraio: credo che alcuni abbiano addirittura deciso al momento del voto. Forse accade sempre, ma stavolta ha inciso di più. In ogni caso la volontà di cambiare è emersa e questo è il segnale di speranza a cui dobbiamo aggrapparci. Semmai, ciò che rende questo segnale tenue e difficile da alimentare, in questo momento, è la presenza di Grillo, proprio l'uomo che ha inventato il movimento. E' pur vero che anche le altre due forze politiche stanno vivendo un deficit di leadership: Berlusconi è sempre più impresentabile; Bersani è l'uomo dell'apparato. Tre forze politiche tenute prigioniere da tre leader inadatti, per una ragione o per l'altra. Per questo i giovani devono sperare e darsi da fare: possibile che tra i grillini non ce ne sia uno che ragioni in modo indipendente da Grillo e da Casaleggio? Continuiamo a fare appelli alla loro indipendenza, forse qualcosa accadrà.
      Quanto alla vicenda di Viola Tesi (la ragazza che ha messo on line la famosa petizione) è l'ennesima dimostrazione di quanto a Grillo non interessi la democrazia, ma solo consumare la sua vendetta: prendere il potere e poi farla pagare a chi, secondo lui, sarebbe responsabile della sua emarginazione dai mass media, avvenuta anni fa.
      Qualche volta penso anch'io che il voto sia troppo delicato per essere messo in mano a chi pensa con la pancia. Tanto più che recenti inchieste hanno mostrato che tra gli elettori del M5S si anniderebbe quanto di più irrazionale la rete abbia prodotto negli ultimi anni, ad esempio il "partito" dei cosiddetti "complottisti". Internet ha dato la stura alle paranoie di costoro. I complottisti sono presenti tra gli elettori di tutti i partiti, ma quello di Grillo ha fatto della teoria del complotto un'ideologia, consentendo ad essi di trovare nel movimento il loro ambiente naturale per diffondersi e riprodursi. Tuttavia, anche se detesto dal profondo della coscienza il complottismo, non è vietando ai suoi seguaci di votare che lo contrasteremo: ma solo con una paziente e continua operazione di critica e informazione culturale. E' faticosa, lo so, ma è l'unica strada per mantenere viva la speranza della libertà.
      Con affetto,
      Carlo

      Elimina
  4. Verrebbe da pensarlo, la democrazia appartiene a tutti a prescindere da sesso, colire della pelle, reddito, livello di istruzione, religione, ecc. Invece io sostengi che amministrare la cosa pubblica non e' per tutti, come invece vuole farci credere grillo. Senza partiti non esiste democrazia. Il problema, quindi secondo me, non sono i partiti come istituzioni, ma le persone, spesso avide e assetate di potere. Di sicuro grillo e il suo movimento non sono la risposta giusta a questo problema. Non solo perche' penso che nel m5s non tutti siano santi, ma soprattutto perche' la loro idea di democrazia non e' demicrazia.

    RispondiElimina